Abbiamo chiesto a Caterina Erica Shanta di intercettare le suggestioni che Ephemera ha lasciato nel suo accadere e dare forma alle tracce che abbiamo seminato. Da maggio a ottobre ha raccolto materiale ibrido, multiforme e multimediale, collezione effimera di immagini, suoni, video.
Tracce è un ecosistema multisensoriale, archivio visivo, storia di Ephemera e al tempo stesso la sua narrazione. È un dispositivo aperto, una mappa senza legenda che non spiega ma suggerisce, fatta per essere esplorata, intuita, incontrata. Traccia per scoprire un ricordo o una storia, pretesto e scintilla per attivare la meraviglia.
“è una sintetizzazione, una scomposizione di un ambiente che potrebbe essere ipotetico, è un dispositivo che comprime lo spazio-tempo
in un unico colpo d’occhio offre una visione d’insieme, di un festival avvenuto in un periodo lunghissimo, geograficamente sparso in diversi luoghi e con varie temporalità“
Caterina Erica Shanta
è multistrato: su una superficie piana e bidimensionale si trova unito, scomposto, articolato e sovrapposto tutto quello che è successo
è una coesistenza di elementi: sono particelle molto vicine l’una all’altra, coerenti, coesi, compatte
è un ecosistema: restituisce il processo del festival, i suoi luoghi e i suoi tempi, il tutto condensato in una unica immagine
è multisensoriale: le categorie disciplinari sono state annullate, le informazioni sono state organizzate per sensi ed emozioni
è un dispositivo interattivo
è un archivio
Caterina Erica Shanta (Landstuhl – Germania,1984 vive e lavora a Pordenone)
è artista visiva e filmaker, lavora nel campo delle immagini in movimento spaziando con vari linguaggi. La sua ricerca si concentra sulla ridefinizione delle immagini propria dei film documentari, usando materiali misti e rielaborati come video, filmati e foto d’archivio. Il suo interesse per gli archivi poco istituzionalizzati e privati rende i suoi lavori rielaborazioni poetiche di storie immaginarie o fatti reali. In questo modo per Shanta l’archivio diventa una “costellazione di punti ricuciti”, una narrazione intesa come processo di guarigione.